E’ il momento di ripensare ai nostri progetti.
Di vita, lavorativi, sociali e tanto altro.
La maggior parte delle persone infatti non vive una vita soddisfacente.
Prosegue i propri giorni senza speranza di cambiamento.
Si affida alla routine schematica, monotona, omologante che si è creata con il tempo.
Alla stregua di macchine e robot.
All’inizio tutto era promettente.
Appena terminati gli studi non vedevamo l’ora di metterci alla prova.
Di aspirare a qualcosa di grande e perseguire le ambizioni di carriera.
Trovare una grande azienda rinomata, che offra lavoro ben retribuito.
E che faccia effetto nel comunicarlo agli altri.
Si decide di lasciare il nostro paese per trasferirci vicino alla sede di lavoro, e votarci al progetto.
Lo stesso vale per le libere professioni, si ritiene che nelle città ci siano maggiori possibilità di carriera e network, nonché clientela.
Tuttavia con il passare degli anni, molte persone si rendono conto che non era poi la vita dei loro sogni.
Quella di passare la giornata chiusi in un ufficio o studio, con la frenesia e la fretta di dover fare mille cose, perché l’80% del tempo è già dedicato al lavoro.
La spesa, la famiglia, lo sport, le attività ricreative, le uscite con gli amici: diventa una corsa inarrestabile.
E la vita frenetica lo diventa ancora di più nelle grandi città: tutti corrono, prendono la metro, sono stressati, senza accenno di sorriso o barlume di felicità.
Al minimo problema diventano irascibili: clacson, ciclisti, pedoni, colleghi antipatici, cibo scadente e veloce.
Il costo della carriera: ripensare i nostri progetti
In pratica iniziamo a intossicarci nel profondo, nella mente, nel sistema umano più recondito.
A partire dalla qualità alimentare, delle relazioni, e della nostra vita in generale.
Per perseguire il lavoro dei sogni ci siamo ritrovati a sacrificare tutto il resto.
E’ questo il problema.
La salute, la famiglia, il tempo libero, la felicità e lo sport sono secondari.
E cosa conta di più di questi aspetti, oltre al lavoro?
E non sorprende che nelle città il tasso di nuove nascita sia ai minimi storici.
La crisi demografica è un segno evidente di una società malata.
Non si ha il tempo nemmeno di procreare, e mantenere la prole diventa troppo costoso per gli standard di vita cittadini.
Preferiamo la compagnia di un animale domestico.
E se non invertiamo la rotta il prima possibile, prepariamoci ad un futuro bizzarro.
Cibo e carne sintetica, OGM, inquinamento, inseminazione artificiale, nevrosi delle persone, muri, strade e costruzioni sempre più artificiali.
Per far fronte all’aumento della popolazione e di città più sostenibili è nato il progetto TELOSA, pensata dal magnate e miliardario americano Marce Lore, CEO dell’e-commerce di Walmart.
Si tratta di città nuova, che vuole rivoluzionare il modo di vivere delle persone, la città futuristica che promette più uguaglianza e lavoro per tutti.
Droni e macchine volanti non si vedono più nei film, ma diventano realtà nella città del futuro, basata sull’idroponica e agricoltura verticale, cibo sintetico, e verde artificiale, visto che verrà costruita nel deserto americano.
L’idea è combattere l’ineguaglianza, e tutti dovranno dedicarsi alla vita lavorativa e aziendale, e più promuovi la crescita della città e più le tue finanze dovrebbero aumentare.
Siamo sicuri che la soluzione alla vita insostenibile delle città sia the city of Tolosa?
Nonostante le milioni di persone a popolarle, ci si sente sempre più soli, con una mancanza di comunità vere e aggregazioni.
Una mancanza di valori e tradizioni.
Tutto appiattito alla logica del guadagno, scalata sociale, e della produzione.
Perché così un giorno (non si sa quando) si potrà godere la pensione, guadagni e sacrifici di una vita intera.
E se invertiamo oggi il paradigma?
Decidessimo cioè di godere della vita in questo istante, qui ed ora, e non in futuro remoto e pieno di insicurezze?
Hic et Nunc dicevano i Latini Romani, ricercare la felicità nel presente e non nel futuro utopistico.
La mia esperienza in città
Quando vivevo a Milano era tutto più difficile.
Ho scelto la grande città per la mia educazione e gli studi universitari, ma sapevo già che sarebbe stata un’esperienza limitata nel tempo.
Prima di poter scrivere, criticare e avere delle opinioni su qualcosa bisogna fare esperienza diretta, anche se sappiamo a menadito tutta la teoria.
E questo vale anche nel lavoro e negli altri ambiti della vita.
Nonostante la difficoltà ad allenarmi, ero deciso a sfidare il sistema, e ho continuato a pedalare.
Grazie alla biciletta riuscivo a fuggire dalla città, e solo dopo molti chilometri vedere un po’ di verde, come la Brianza e il lago di Como.
Ho dovuto abbandonare il triathlon in quel periodo perché diventata complesso raggiungere con i mezzi la piscina, correre, e pedalare, mentre dovevo preparare anche gli esami e frequentare le lezioni.
Così pedalavo nei parchi, e anche se diventava estenuante girare come una trottola in percorsi da qualche chilometro, portavo a casa allenamenti anche di 50 km. E nel weekend super lunghi per raggiungere le montagne.
Arrivare in ospedale per il tirocinio al reparto di Endocrinologia, era un incubo: bus, metro e di nuovo bus. E di nuovo al contrario. Per un periodo usavo solo la bici anche per questo, facendo 20 km al giorno solo di spostamenti, senza considerare poi il mio allenamento personale.
Nella spesa da Carrefour o Esselunga era sempre difficile reperire prodotti di qualità, essendo grande distribuzione, e dovevo pur sempre adattarmi, essendo studente e senza tanti guadagni.
Anche pedalare nel traffico, smog, caos, e persone maleducate era diventato un peso.
Le persone erano sempre di fretta, non conoscevano i principi della vita lenta e alimentazione sana, comunità, sport e relazioni vere.
L’espressione del viso diceva tutto: difficile trovare un sorriso. La nevrosi del lavoro e della carriera prevaleva sul loro stato d’animo.
Per tanto alla fine della carriera accademica universitaria decisi di rientrare nel mio paese, e ivi iniziare l’attività lavorativa.
Ad oggi alterno sedute ambulatoriali a Rimini, dove abito, al suo entroterra, ove sono nato e vissuto nell’adolescenza.
Mi sono chiamato fuori dalla dinamica prestazionale della vita di città, così come anche dall’idea di carriera.
Ho deciso di lavorare il giusto, e seguire solo un certo numero di persone, raddoppiando i tempi di visita rispetto ai colleghi.
La via del bosco come soluzione: una vita alternativa
Ho capito che la via del bosco è la soluzione ai problemi di oggi (ho scritto un articolo sulla società della prestazione).
Soprattutto se sei tra quelle persone che vorrebbe cambiare la propria situazione, salute, e vita.
Infatti il tuo corpo, analisi del sangue, stato d’animo e mentale non sono altro che il riflesso della tua soddisfazione personale nella vita.
Si inizia a mangiare male, dolci e prodotti dell’industria che creano dipendenza come valvola di sfogo per una vita insoddisfacente, non essere del tutto felici delle proprie scelte, della propria routine, e a causa dello stress.
Una volta che diventa quotidiano, poi la dittatura delle abitudini prende il sopravvento e diventa sempre più difficile uscire da certi automatismi.
La via del bosco è un’alternativa, un progetto che all’inizio richiede un po’ più sforzi del normale, ma poi si viene ripagati una volta per tutte, per sempre.
L’idea di un grande sforzo che produce però risultati tangibili e duraturi nel tempo è possibile da realizzare.
La via del bosco è l’aspirazione più grande alla libertà finanziaria, di salute e intellettuale.
Per liberarsi una volta per tutte del proprio carnefice, che oggi siamo diventati noi stessi e la nostra voce interna.
Non dobbiamo ascoltare più l’inquisitore che è in noi, che ci condanna a dover fare e lavorare sempre di più in nome del paradigma capitalistico e del nostro ego.
Proprio perché la vita è una e una soltanto non dovremmo dilaniarci per lasciare il segno, diventare qualcuno, fare i soldi o esaurirci in altre mire egoistiche.
Finiremo per ammalarci, abbassare il tono dell’umore, deprimerci, e non realizzare quello che conta di più: la felicità, il tempo libero, la famiglia, e soprattutto le esperienze.
Esiste quindi un’alternativa di vita, un ribelle che decide di intraprendere la via del bosco.
E altri ribelli lo seguiranno.
Si chiameranno fuori dal cibo spazzatura, una vita omologata rinchiusi entro quattro mura, la competizione e la prestazione, per dedicarsi alla contemplazione, stare in natura, godere del cibo vero e del sole, e della compagnia di altri illuminati.
La collaborazione è meglio della competizione.
Se questo è anche il tuo obiettivo, allora bisogna seguire il bosco.
Ovviamente è una metafora della vita lenta, di comunità rurale, lontano dal caos della città, e può essere anche virtuale.
Non si può purtroppo arrivare a questa condizione e cambiare dall’oggi al domani.
Non raccomando a nessuno di smettere di lavorare, trasferirsi subito o altre scelte azzardate.
La via del bosco è un percorso e non una destinazione, e inizia nel momento in cui adottiamo un progetto di cambiamento, di rinascita e rivalutazione della vita e noi stessi.
Nel mio caso coincide con la via dei social, il personal brand e i simil-passivi che mi stanno conducendo verso la via del bosco.
Se impari a curare la tua salute farai ragionamenti più lucidi.
Siamo quello che mangiamo e di conseguenza inizierai a vedere le prossime mosse più attentamente, libero/a da vincoli.
Bisogna imparare a guadagnare mentre dormi, o meglio sbloccare delle entrate simil-passive, per smettere di scambiare tutto il nostro tempo per denaro.
Non si tratta degli investimenti in case o azioni. Non è il tipo di passivo a cui mi riferisco. E neanche al libro Rich Dad Poor Dad di Kiyosaki.
Si tratta sempre di un lavoro finalizzato al mero guadagno, senza qualcos’altro di più nobile.
Se l’attività principale in cui siamo occupati ci piace, si possono ridurre le ore, lavorare meno, magari part-time, per finalmente dedicarsi a quelle attività sopra citate che rinvigoriscono mente, corpo e animo, e caratterizzano la via del bosco.
Oggi è possibile guadagnare online, e se costruisci un brand personale, puoi vendere i tuoi servizi e prodotti digitali o fisici, da video-corsi a tutto quel che si può pensare.
L’educazione e la divulgazione è l’abilità che da sempre ci ha caratterizzato, sin dai tempi dei testi sacri. Ci occupavamo della scrittura per passare le conoscenze alle generazioni future.
E oggi si può essere ricompensati per questo, anche online.
La via del ribelle per la rinascita
Ciò permette indipendenza soprattutto territoriale.
Non avremo più bisogno di abitare vicino all’azienda, in città, ma possiamo anche trasferirci nelle zone rurali, per vivere più lentamente, nelle comunità, con relazioni vere, connessi alla natura e ai suoi ritmi.
L’obiettivo della via del bosco è sì l’indipendenza di salute, economica e di location, ma coincide anche con la rigenerazione rurale, dei borghi, delle campagne, così come del tessuto sociale e culturale di questi paesi.
Il futuro è nelle piccole comunità, nei borghi e lontano dalle città.
Oggi abbiamo tutti le carte in regola per raggiungere questi luoghi magnifici, seguire un lavoro che piace, che offra valore e servizi davvero utili alle persone, e che non sia solo finalizzato al mero guadagno e per alimentare il proprio ego.
In Cina questa transizione si sta già verificando, come risposta alle realtà oramai invivibili delle città.
Sempre più giovani si raccolgono e fondano nuovi servizi, bar innovativi, ristoranti, programmi sportivi e sociali, e tanto altro nelle zone rurali.
Qui il video youtube Young and Rural in China che racconta di questo cambiamento.
In Italia abbiamo tantissima natura e luoghi da riscoprire.
La rivoluzione del bosco si attua nel momento in cui decidiamo di impegnarci in un progetto secondario, parallelo al nostro lavoro, che dia un minimo di rendita per poi lasciare il lavoro attuale e la città.
Gli americani lo chiamano Side Hustle.
Solo quando ci permetterà una sicurezza finanziaria, e permetta di vivere senza lavorare per 6 mesi di fila, allora potrebbe essere il momento di prendere la via del bosco.
I nomadi digitali ci sono già riusciti, e vivono in location naturali e stupende, lavorando 3-4 ore al giorno, curando il proprio brand con contenuti, e offrendo i propri servizi e prodotti digitali.
Nel frattempo si godono la vita, passano più tempo in natura e con il proprio partner.
Una volta che lo stress diminuisce per esserci chiamati fuori dalle dinamiche lavorative e della società della prestazione, inizieremo a guarire nel profondo, a non più iper-stimolare le ghiandole surrenali.
Chi è contento del proprio lavoro, lavora il giusto, non si ossessiona con la carriera e non sfrutta sé stesso all’infinito vive una vita migliore, e compie scelte a tavola molto più consapevoli.
In tutte le blue zone, cioè aree a maggiore longevità umana, si vive in questo modo lento, dedito all’agricoltura, si fa movimento moderato, non si è stressati e si segue una vita contemplativa, la via del bosco.
L’abbandono delle campagne e dei borghi è purtroppo già in atto: un esodo verso le città e la carriera promettente.
Inverti la rotta, esci dal Matrix.
Diventa il ribelle che rifiuta la logica della società della prestazione.
Sogna in grande.
Crea un progetto parallelo.
Guadagna mentre dormi.
Costruisci il tuo personal brand.
Scappa dalla città e inizia a vivere.
Ognuno di noi ha la risposta.
La via del bosco ti aspetta.
Ci vediamo dall’altra parte.
Dott. Samuele Valentini