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Cura la mente, trasforma il corpo: la società del domani

Le persone prima o poi si ammalano.

Non parlo di raffreddore e influenza.

La salute viene intaccata nel profondo, con gradualità e progressione.

La malattia parte dalla mente

Tutto dipende da come l’abbiamo programmata.

E deciso di vivere e trascorrere la nostra esistenza.

La salute mentale è lo specchio di quella fisica.

Gran parte dei problemi di salute odierni sono patologie cronico-degenerative, sovrappeso, disturbi alimentari, diabete, cardio-vascolari, tumori.

Molti di questi sono prevenibili. E anche reversibili.

E’ possibile tornare alla situazione di partenza, di assenza di malattia, e ancora meglio.

Con la nutrizione, stile di vita, allenamento e tanto altro.

E sono convinto che queste conseguenze sgradevoli partono da un problema ben più a monte di quello fisico.

Sto parlando della mente.

La più grande crisi del XXI secolo riguarda la salute mentale.

Non per forza si manifesta con la depressione, nevrosi, ansia, e malattia mentale.

Bensì la crisi mentale è l’anticamera di comportamenti alimentari disfunzionali, della ricerca del piacere nel cibo, delle dipendenze da zuccheri, della sedentarietà, aumento di peso e tanto altro.

In pratica la mente inizia a dettare legge, e instaura delle abitudini negative dalle quale diventa poi molto difficile uscire.

Una volta scatenato il segnale, la risposta della gratificazione istantanea è dietro l’angolo.

E la farsa della moderazione non ha che aumentato l’entità di questo problema.

Del si può mangiare tutto senza sensi di colpa, del tutto un po’, del finto equilibrio.

In realtà non si fa altro che giustificare comportamenti non salubri.

E si usano pretesti per descrivere il proprio carattere: sono una persona pigra, non farò mai movimento, l’unico che posso fare è divano-frigo e ritorno.

Si accetta questa dinamica e non si fa nulla per cambiare, tanto siamo fatti così.

E ancora una volta, la pigrizia, sedentarietà e l’uso del comfort food derivano da un problema di salute mentale.

L’obesità è prima di tutto un problema psicologico, e va considerato nel percorso alimentare di un paziente. Se trattiamo il problema oltre-peso pensando introduce più di quel che mangia o gli/le piace mangiare siamo fuori strada.

Una semplice dieta ipocalorica avrebbe risolto il problema, eppure è in aumento, e i pazienti che dimagriscono finiscono con il tempo per riprendere tutti i chili persi con gli interessi.

Non a caso da un po’ di anni si sta studiando e ricercando la possibilità di trattare il problema a partire dalla mente, attraverso l’uso di una tecnologia chiamata TMS, o stimolazione magnetica transcranica.

In pratica onde elettromagnetiche a bassa frequenze dirette alla corteccia prefrontale sinistra, l’area deputata alle scelte del cibo e motivazione.

Quando ero studente universitario in ospedale ho avuto la fortuna di partecipare alle sedute sperimentali per la prima volta al mondo per curare l’obesità.

Oggi è possibile affrontare la terapia presso il centro Brain&Care, a Rimini, Milano, Torino.

Una persona che si definisce veramente felice, sarà difficile trovarla con chili di troppo, o con il diabete o altre patologie simili.

La giustificazione ancora una volta è: ma io voglio stare bene, per questo mangio dolci e mi abbuffo con il cibo.

Non sto parlando di questo tipo di felicità, momentanea e dettata da quei pochi secondi di godimento nel palato, ma di quella duratura, a lungo termine, che ci lascia soddisfatti per molto tempo.

E l’eccesso di peso è solo una delle tante manifestazioni cui il problema mentale porta.

Può essere anche una dipendenza diversa dal cibo, come da pornografia, alcol, droga, gioco d’azzardo, ossessioni, manie, disturbi compulsivi, e tanto altro.

E non sempre il risultato è evidente, a volte non ce ne rendiamo nemmeno conto di avere un problema.

Fino a quando iniziamo a farci qualche domanda, a fare introspezione, e analizzare i propri comportamenti da una prospettiva diversa.

L’assurdità della vita moderna: il mito di Sisifo

Rimettiamo tutto in discussione e analizziamo le situazione sotto una lente diversa.

Quella di una persona che nell’unica possibilità di vita che ha, vuole il meglio.

E per meglio non intendo la ricchezza, belle/bei donne/uomini, macchine, ville, posizione sociale, potere e quel che è correlato.

Intendo piuttosto la felicità, calma, e soddisfazione, divertimento.

Una vita che non vorremmo mai finisse, e che ripeteremmo due volte.

Memento Mori dicevano i Latini, ricordiamoci che un giorno lasceremo questo pianeta.

E ricordarlo ci serve non tanto per esaurirsi nella corsa inarrestabile della carriera, lavoro, e potere.

L’accezione ha un significato più profondo.

A rovescio: proprio perché l’epilogo è uguale per tutti, e chi sia un letto di ospedale, una malattia, disgrazia, o l’invecchiamento, cerchiamo di gustare e godere a pieno di questa esperienza.

Non serve a nulla stressarci per ogni cosa, lavorare più del dovuto, avere troppe pressioni su noi stessi e risultati, competere, fare agonismo e così via.

Lo stress è alla base di molti problemi, della maggior parte di quelli che caratterizzano la società attuale della prestazione.

Nella corsa irrefrenabile della giornata, nel tutto-fare si diventa impotenti, si ha il rigetto, e spesso troviamo delle scappatoie per riuscire a continuare questo iter che abbiamo scelto per i nostri giorni.

Le dipendenze alleviano lo stress solo per un po’, l’energia è sotto terra, e ci sentiamo stanchi anche solo al pensiero di programmare un allenamento.

Sembra di rievocare il mito di Sisifo, condannato dagli Dei ad un’eterna punizione: trasportare una roccia in cima a una collina, per poi farla scendere a valle, facendola rotolare, costretto a ricominciare poi nella scalata. In pratica un ciclo senza fine.

Albert Camus è stato lo scrittore che più ha analizzato la similitudine di Sisifo con la condizione umana: l’eterna ripetizione di un compito assurdo.

Infatti la fatica e la resistenza non porta a nulla di soddisfacente, a nessun risultato sperato, eppure si continua a farlo, a spingere la roccia su per la montagna, ad impersonare l’assurdità della vita.

Secondo alcuni Sisifo è un simbolo di resilienza verso le difficoltà che la vita ci pone, di perseveranza, del se vuoi puoi.

Non sono d’accordo con questa ultima interpretazione.

A me sembra proprio un ciclo futile di fatica, esaurimento, nevrosi, che non porta a nulla di positivo.

Sarebbe masochismo vedere il piacere in questa corsa senza logica.

Oggi infatti non sono entità esterne, come gli dei nel caso di Sisifo, o la Chiesa e lo Stato in altri tempi, a imporre le regole e la punizione.

E’ il nostro io inquisitore, che sacrifica tutto in nome dei propri obiettivi, carriera, lavoro, aspirazioni, egoismo e narcisismo, sete di potere e prevaricazione.

E la buona notizia è che siamo i primi che possiamo chiamarci fuori, cambiare le regole del gioco, e non condannarci ad una vita di supplizio.

Attenzione: nessuno vuole dire che la vita non sia difficile.

Lo è eccome, richiede tante abilità e soprattutto una mente ordinata.

Tuttavia non deve essere complicata, siamo noi a renderla più dura e complessa di quel che già può essere.

Potremmo fare assai meno e vivere molto più felici.

Infatti se investo sulla salute mentale, serenità, attività fisica, cibo vero e sano, relazioni positive, di conseguenza non potrò che essere felice, avere un fisico armonico, secondo natura, ed essere considerato in piena salute.

Una volta risolta la crisi interna, miglioreremo tutti nel complesso, la società, e potremo contare su noi stessi e gli altri.

E la via del bosco non è altro che un acceleratore e facilitatore di questo processo di crescita, cambiamento, rinascita, rinnegazione della società della prestazione in cui siamo calati.

Ricorda: nessuno ci ha obbligati in questa scelta, l’abbiamo voluto noi, a volte inconsapevolmente.

Abbiamo già visto nella lettera precedente Less is More – la via del minimalismo (puoi leggerla da qui), che fare meno a volte equivale a più felicità, benessere e soddisfazione.

La città, la vita frenetica, le aziende, la cultura del lavoro, il caos, smog, traffico, e persone infelici non sono l’ambiente ideale per il cambiamento prospettato.

Infatti possiamo anche cambiare e riuscire a farlo, ma l’ambiente, i segnali e le persone intorno influenzano notevolmente le nostre scelte (ho scritto una lettera sul potere dell’ambiente).

La via del bosco è il pathway che riporta uomini e donne alle origini, con un ritorno al primitivo e alle tradizioni.

Il medico di sè stessi invece è il programma di cui abbiamo parlato per renderci liberi dalla malattia: se impariamo a conoscerci a fondo, nella società del futuro avremo sempre meno dipendenza da medici e ospedali.

La via del bosco è una metafora di impegno al cambiamento per forgiare la società del domani, del futuro, molto diversa da quello che potremmo pensare.

Niente cibo artificiale, idroponica, agricoltura verticale, cibo sintetico, carne in laboratorio, farina di grillo, droni e macchine volanti.

Questa è esattamente la mia anti-visione di quel che prospetterei per il nostro futuro e dei nostri figli.

Progresso e tecnologia sono estremamente utili, solo se usati per il bene dell’umanità.

I social per esempio sono una perdita di tempo e possibile dipendenza se decidiamo di seguire l’influencer di turno, che esiste solo per intrattenerci e fare più visualizzazioni.

Se decidiamo piuttosto di seguire dottori, filosofi, scrittori o persone normali che creano contenuti di valori per la nostra vita, e soprattutto applicabili, tangibili, allora siamo nella direzione giusta.

Significa usare la tecnologia e la realtà virtuale per la nostra crescita e benessere.

Senza internet e una mail non avresti potuto leggere per esempio questa newsletter (in futuro magari potrai leggere un libro cartaceo).

La nuova società del domani: il borgo al centro del mondo

Benvenuti nella società del domani.

Può essere più vicina di quanto pensi: se ci uniamo e collaboriamo.

Se scegliamo la via del bosco.

L’alternativa è la società della prestazione, che esaurisce, risucchia ogni energia e spinta alla vita.

Per farlo bisogna rigenerare i borghi, i piccoli centri di paese, gli entroterra.

Più giovani nelle zone rurali: fermiamo lo spopolamento delle campagne.

Infatti la vita lontano dalla città è possibile ed è anche più gratificante di quanto pensi.

Richiede sicuramente uno sforzo collettivo, ma con le giuste persone e progetti imprenditoriali si può fare.

Una volta che avete ben compreso l’anti-visione per la società del futuro, ecco la visione.

Una realtà terapeutica, piccola, di fatto una comunità di persone che vivono a stretto contatto, che sia un piccolo borgo o paese.

Il centro del paese deve essere il nuovo centro del mondo, autosufficiente: un microcosmo.

Scuole, biblioteca, campetti sportivi, aree ricreative, luoghi di aggregazione, e tanto altro.

Il cibo deve essere locale, ben venga se non ci sono supermercati.

La spesa si fa dall’agricoltore o allevatore, nel negozio di fiducia e spaccio aziendale.

Così oltre a sostenere le realtà locali, faremo del bene alla nostra salute e promuoveremo soprattutto la rigenerazione agricola.

Quindi al centro del cambiamento scegliamo la rigenerazione su tutti i fronti, in particolare:

  • culturale: tradizioni, feste, celebrazioni, folklore, cibo locale, promozione delle diversità
  • sociale: potere alle piccole comunità
  • agricola: allevamenti estensivi, benessere animale, rigenerazione della terra

Infatti l’allevamento di erbivori al pascolo, che viene gestito in modo olistico secondo anche gli studi della GO-IT (gestione olistica Italia), serve non solo per fornire carne e proteine animali di altissima qualità, ma anche per rigenerare la terra.

Desertificazione, inondazioni, crisi ambientale sono dovuti anche a causa della rimozione degli animali al pascolo.

Un tempo le mandrie selvagge di erbivori scappavano dai predatori, e nel loro movimento lasciavano feci, saliva e urine che fertilizzavano il terreno in modo naturale.

Questo terreno era in grado di fissare al meglio la CO2 dall’aria.

Quindi la risposta al cambiamento climatico e l’inquinamento arriva anche grazie al pascolo olistico, ponendo la giusta attenzione all’agricoltura.

Servono più giovani che ritornano alla terra, e meno chi preferisce la carriera e la crescita in azienda.

Pensare di ottenere carne di altissima qualità (per la vendita), e al contempo rigenerare l’ambiente e lavorare all’aperto, in natura, è molto più appagante che chiusi in ufficio 8 ore al giorno senza avere un obiettivo ambizioso per la salute della terra, persone e pianeta.

Il borgo o paese dovrà attirare nuove famiglie, giovani e prospettive di vita, nonché nomadi digitali e smart-worker.

In Cina la rivoluzione rurale è già iniziata, molti più giovani scappano dalle città per trovare nuove attività fruttuose nelle campagne.

Come una coppia che ha deciso di abbandonare il lavoro aziendale a Shangai, trasferirsi in campagna per fondare un bike center e stazione per ciclisti offrendo un luogo per fare stretching, mangiare, bere ottimo caffè, e persino pernottare.

Qui puoi vedere il video integrale Young and Rural in China.

L’ideale è impegnarsi in progetti per la comunità, anche online, ma per iniziare va benissimo anche la sola residenza, mentre si continua il proprio lavoro da remoto o pendolare.

Si fonderà quindi anche una comunità di nomadi digitali, ed un’area comune dove poter lavorare.

Le capacità online saranno utilissime anche per i progetti turistici legati al paese e borgo, per la promozione delle attività territoriali.

La differenza è che nel tempo libero, anziché ritrovarsi in mezzo al traffico, maleducazione delle persone, e tempo perso per i trasporti della città, ci si potrà rigenerare veramente.

L’ideale è un lavoro moderato, perché una parte del tempo deve essere dedicata alle passioni, lettura, esplorazione, sport, tempo in natura e momenti lenti, anche di aggregazione.

Nel tempo libero si potranno fare camminate o pedalare, anche con bici elettrica reperibile a noleggio, o di proprietà, ed esplorare boschi, colline e natura circostante (già nell’entroterra di Rimini esiste questa possibilità grazie a For Ride Valmarecchia).

Giocare a padel, tennis, calcio, correre, nuotare, corpo libero o praticare lo sport prediletto.

Feste di paese, folklore e celebrazioni forgeranno e faranno rinascere l’identità di quel paese, insieme ai cibi locali e l’agricoltura.

Le persone saranno felici, non soffriranno di insoddisfazione e problemi mentali, che riversano poi nel cibo e dipendenze.

Questa è la via del bosco.

La rivoluzione sociale, culturale e agricola è iniziata.

Fondiamo insieme la società del domani, del futuro.

Come risposta alla realtà omologata della prestazione.

Più benessere, relazioni vere, cibo sano e vita in natura ci aspettano.

Unisciti alla via del bosco, abbiamo bisogno del tuo aiuto.

Dott. Samuele Valentini