Ci troviamo davanti al più grande indebolimento di uomini e donne degli ultimi tempi.
La più grande sconfitta è osservare una popolazione di deboli.
La più grande vittoria è sapere che è possibile cambiare e invertire la rotta.
Nonostante la realtà tecnologica, aumentata, le città, l’innovazione e l’acquisizione di nuovi diritti.
Le capacità fisiche e le facoltà sportivo-motorie sono ai minimi storici.
Se descriviamo la specie umana da una prospettiva aliena, parleremmo di persone deboli, per la maggior parte dei casi.
Scarsa resistenza fisica allo sforzo, né abilità particolari.
L’adulto medio di oggi farebbe fatica persino a concludere una capriola.
Stanchezza, grasso addominale, sovrappeso, intorpidimento mentale e neanche un briciolo di stimolo al movimento.
La nuova società della prestazione ha creato persone più deboli paradossalmente.
Si è impegnati a competere, a lavorare sempre di più, a guadagnare più soldi, ad aumentare il proprio ego, e faticare, ma dal punto di vita mentale e non fisico.
E’ la società della stanchezza, dove non si hanno stimoli alla creatività, azione, movimento, attività sportive e vita all’aria aperta.
La tipica giornata viene passata dentro quattro mura, seduti.
E più si entra in questo vortice della sedentarietà e più diventa difficile uscirne.
L’organismo infatti si adatta alla nuova condizione raggiunta, e rinnegare la zona di comfort richiede uno sforzo importante.
Le abitudini dettano il ritmo, e portano le persone a diventare in sovrappeso, obese, scontente, senza energia.
E’ la dittatura delle abitudini, funzioniamo in questo modo.
Il lavoro oggi coincide con un’attività intellettuale, il più delle volte.
Dobbiamo competere, soprattutto con noi stessi, per sfruttarci fino al midollo, fare meglio della concorrenza, lavorare il più possibile per emergere, diventare qualcuno di importante ed essere ricordati nel nostro settore.
E tutta l’energia viene dissipata in questo sforzo maniacale, ripetitivo, quotidiano, esaustivo.
Il problema del sovrappeso, sedentarietà e malattie croniche che oggi affliggono la popolazione dipende proprio dalla società della prestazione, dai valori con cui siamo cresciuti e gli ideali di vita che perseguiamo.
Riprogramma la tua mente
In pratica per tornare in salute dovremmo riprogrammare la mente.
Ripensare a cosa conta veramente per noi, al nostro vissuto, le situazioni, ed obiettivi.
Rivalutare le relazioni, persone, pensieri e modi di vivere.
Solo con l’introspezione, la scrittura e del tempo lento in natura, possiamo riflettere se la via che abbiamo scelto e perseguendo con tale assiduità sia quella giusta per noi.
Ci sono molte persone che adorano lavorare molto, fare imprenditoria, essere un bravo dipendente ed impegnati h 24.
E non c’è nulla di male in questo, anzi. Stiamo lavorando e progredendo verso i nostri obiettivi.
Nel momento in cui però si finisce per trascurare tutto il resto, come avere un partner, fare sport, stare in natura, mangiare sano e cibo vero, e altre attività essenziali allora è il primo passo verso la malattia.
Una malattia prima mentale, di nevrosi, stress, che porta all’indebolimento fisico di cui abbiamo parlato nell’introduzione della lettera.
I nostri antenati erano abilissimi atleti di resistenza, camminatori, arrampicatori, cacciatori, raccoglitori, in grado di scattare, cambiare ritmo, strisciare, nuotare, procurarsi cibo, acqua, partner e un luogo ove riposare.
Erano nomadi e l’attività fisica era all’ordine del giorno. Non esisteva una residenza fissa, il frigorifero, un ufficio e tutte le comodità di oggi.
Erano costretti a questo stile di vita naturale e selvaggio, tant’è che sviluppavano corpi armoniosi e atletici, segno del loro impegno verso il movimento.
Quest’ultimo non era l’obiettivo per la salute, ma un mezzo per ottenere la sopravvivenza.
Nel nostro caso muoversi non è più uno strumento per qualcosa, visto che abbiamo la macchina e i supermercati. Non abbiamo bisogno di preoccuparci di cosa mangiare tutti i giorni per più volte al giorno, né dove dormire.
Viviamo in una società democratica dove non dobbiamo combattere per difendere territori, diritti e la nostra famiglia.
Tempi felici creano uomini e donne deboli, tempi difficili donne e uomini forti, che a loro volta creano le condizioni più agiate.
In passato nei grandi imperi, come in quello romano e ottomano, ma anche in Cina, Mongolia e Giappone l’arte del combattimento e della guerra veniva praticata anche molto lontano da possibili battaglie.
E questo perché se i soldati, guerrieri e samurai si fossero rilassati, sarebbe stato impossibile ritornare in forma per un combattimento eventuale.
Avrebbero perso le abilità specifiche, la tecnica, la resistenza e tanto altro.
Per questo anche in tempi di pace continuavano ad esercitarsi assiduamente.
Se i festeggiamenti per le vittorie duravano troppo a lungo, si rimaneva intorpiditi e imbrigliati in un nuovo stile di vita dal quale diventava difficile uscire.
Oggi abbiamo gettato la spugna, non abbiamo più motivo di ricercare l’esercizio fisico.
E se il movimento e l’attività fisica non è più un mezzo necessario e utile per sopravvivere, bisogna imporlo per la nostra salute psicofisica.
E non c’è cosa migliore che cambiare paradigma: non fare sport perché è necessario, ma perché è bello, divertente, ci fa stare bene, e nel frattempo aumentare la nostra autostima.
Permette momenti di condivisione, conoscenze, ma anche esperienze e viaggi.
L’esplorazione era usata nei tempi più antichi per trovare nuovi bottini, saccheggiare, aumentare l’influenza dell’impero e annettere nuovi territori.
L’imperialismo portava a lunghissimi viaggi lontano dalla patria.
Il movimento è nel nostro DNA, e rinnegare la genetica può essere un errore controproducente.
La rivoluzione nello sport: la nuova era di sportivi
Tuttavia sono lieto di osservare che sta nascendo un nuovo concetto di attività fisica e sportiva.
Non più legato al necessario, come per esempio competere in una gara, attaccare un numero, o sconfiggere gli avversari in una partita o match.
Un movimento sano, in natura, scevro da dinamiche prestazionali e di confronto.
Infatti sono proprio queste ultime a bloccare molte persone ad iniziare l’attività fisica o uno sport in genere.
Anche nei più allenati, che rallentano anche solo un periodo di allenamento, iniziano a sentirsi in colpa e preoccupati della forma migliore e prestazionale persa.
L’indebolimento fisico quindi non riguarda solo la fetta di popolazione più pigra e sedentaria, ma all’opposto anche chi fa troppo, partecipa assiduamente a competizioni, si allena in modo esagerato, finendo per fiaccarsi.
Quell’attività che doveva far bene e rigenerare è diventata un elemento di stanchezza, che fiacca, in grado di togliere energia ad altre attività.
Nuovi zombie sportivi popolano le palestre e centri fitness.
Con l’idea del self-improvement non hanno poi energia neanche per terminare a voce alta una frase di senso compiuto.
Il movimento non dovrebbe avere troppi obiettivi: deve essere semplicemente parte della nostra vita.
Per questo sempre più persone dicono addio alle competizioni, per iniziare a godere del vero sport.
Oppure si iscrivono ad eventi sportivi di condivisione, in cui non esiste per forza la dinamica di gara.
Un esempio nel ciclismo sono le randonneé, i cammini e le escursioni a piedi, le cicloturistiche o le amichevoli e i tornei nel calcio.
Ben vengano imprese sportive ed epiche non finalizzate ad un obiettivo, come vincere o arrivare entro un certo numero di partecipanti.
In pratica non agonistiche, solo per il puro piacere e godimento che apporta stare in natura, o il divertimento che deriva dal praticare un certo sport.
L’ho scoperto in prima persona, quando dal 2018 sono passato dal preparare competizioni agonistiche a imprese sportive e avventure.
Le avventure sportive non sono altro che esperienze, condivise o meno, che non hanno una finalità ben precisa, se non quella di esplorare e dell’introspezione.
Nulla di più riflessivo e meditativo può essere intraprendere un cammino, anche da soli, ed anche per pochi giorni.
O più giorni su una bicicletta, pedalando da un luogo all’altro, mentre si gode di bei panorami, valli, colline e montagne, assaporando cibo locale.
Nel 2022 ho attraversato tutta l’Inghilterra del Nord a piedi, con tenda e zaino, insieme alla mia compagna, da Est a Ovest, per ben 320 km.
Dodici giorni di silenzio, natura, fiumi, cibo locale ed esperienze autentiche.
Da quel momento ho capito ancora più a fondo quanto sia più godibile e profonda un’esplorazione e impresa sportiva del genere, non finalizzata alla prestazione e al risultato.
Per cui ogni certo periodo preparo uno zaino e percorro un cammino.
Il successivo era stata la via della Misericordia nelle colline Faentine (qui il video).
Se non è a piedi è in sella alla bicicletta, anche di solo un giorno, come l’ultima impresa dello scorso weekend, in cui ho attraversato l’Italia da costa a costa (coast to coast: dall’Adriatico al Tirreno).
Siamo partiti da Rimini e insieme ad amici percorso 270 km alla media dei 30 km/h, con quasi 2000 mt di dislivello, passando per le foreste casentinesi, valico tre Faggi e Firenze, per terminare poi a Livorno (qui il post Instagram con foto e video).
Qui su Strava il percorso completo che abbiamo seguito.
Il viaggio come formula sportiva apporta tanti benefici. Usciti dalle dinamiche di prestazione e risultato ci si sente sollevati, e l’idea di esplorare e scoprire nuovi posti è attraente.
Fondiamo e avviamo di una nuova era dello sport.
Siamo noi i nuovi promotori e fautori della rivoluzione sportiva.
Lo sport è per tutti.
La via del samurai
E’ chiaro che non possiamo pensare di concludere queste avventure se a monte non c’è l’adeguato allenamento.
Per questo chi ha bisogno di obiettivi per fare sport, potrebbe utilizzare queste esperienze per prepararsi in modo adeguato e mesi prima dal punto di vista fisico, mentale e alimentare, nonché di riposo necessario.
Il cibo vero e di qualità, nonché l’alimentazione corretta deve essere alla base, altrimenti esistono effetti collaterali non da poco.
Scarso recupero muscolare, carenze nutrizionali, infortuni, disbiosi e alterazione dell’equilibrio della flora intestinale (microbiota) solo per citarne alcuni.
Se non scegliamo il giusto rifornimento energetico prima, durante e dopo, rischiamo di non divertirci, anzi di affaticarci a tal punto da voler non ripetere più situazioni simili.
Il divertimento infatti è un elemento che non dovremmo trascurare o sostituire in favore del risultato e performance.
Ben venga chi riesce a divertirsi facendo gare, ma quando si rende conto che il divertimento si trasforma in sacrificio, peso e sforzo eccessivo allora è il momento di cambiare.
Facciamoci sempre delle domande, e quelle giuste: non procediamo come automi.
Le pause e i momenti di riflessione, le transizioni e i cambiamenti vanno sempre ascoltati e appoggiati, non dobbiamo mai remare contro noi stessi.
Il risultato è il burnout, cioè l’esaurimento psico-fisico, che si verifica non solo nel lavoro, ma anche nello sport.
La condizione è talmente comune che hanno coniato il termine over-training (sovra-allenamento) per descriverla.
Le imprese sportive sono una conseguenza della costanza in una certa attività sportiva scelta e prediletta, ma lo spirito rimane lo stesso anche per semplici allenamenti.
Lo scopo rimane l’introspezione, il divertimento, la pausa dalle attività quotidiane e dal lavoro.
Un’altra conseguenza positiva sarà il rafforzamento fisico e mentale, oltre alla capacità di affrontare imprese sportive, come scalate, arrampicate, coast to coast, pedalate e tanto altro.
Infatti, oltre al corpo, anche la mente diventa più forte, capace di gestire gli stress quotidiani e gli obiettivi professionali con maggiore lucidità e resistenza.
L’obiettivo è diventare il samurai che si allena il giusto, anche in tempi lontani dalle battaglie.
Senza paura, con convinzione detta i ritmi della propria vita e fonda i valori che vuole perseguire.
Essere veramente padroni e sovrani di sé stessi non significa fare più attività possibile, lavorare h 24 come disperati, allenarsi giorno e notte.
L’uomo nuovo e superuomo (e donna) è colui che è in grado di conoscere veramente cosa lo rende felice, una felicità senza tempo e duratura, e non il cheap pleasure (piacere istantaneo).
Si ritaglia i giusti spazi, pause, può rallentare o aumentare il ritmo in base alle proprie esigenze.
Se ci troviamo costretti a seguire un certo stile di vita e lavorativo anche contro la nostra volontà, è perché siamo imprigionati e imbrigliati dal nostro io sfruttatore, carnefice e capo che usa il senso di colpa come arma più potente.
In pratica ce lo siamo autoimposti.
Già le religioni hanno intuito il potenziale del senso di colpa, e usato anche per scopi politici e di potere.
Oggi che non siamo più assoggettati allo Stato, Chiesa o altri poteri forti, il nuovo nemico è diventato il nostro io (ho scritto una lettera su questo problema, la società della prestazione).
Per evitare di cadere nella trappola della prestazione dobbiamo riconsiderare lo sport anche in questa nuova accezione: esplorazione, scoperta, condivisione, natura, introspezione.
Non sempre e solo per la massima performance.
Chi invece è interessato a questa avrà comunque gli strumenti per ottenerla dalla newsletter (ho scritto un articolo specifico su come migliorare nello sport).
La lettera di oggi quindi per concepire e vedere lo sport da un’altra ottica, più votata al benessere.
Come detto, continuerò a parlare della prestazione sportiva, visto che ho conoscenze e strumenti per farlo, ma ora con una nuova consapevolezza.
Più avventure ed esperienze, meno dati e risultati.
Le città, i comfort, e l’idea della carriera ci hanno allontanato dallo sport per piacere e benessere, sia nel senso di esasperazione che di inattività.
Troviamo il giusto equilibrio anche per quest’area della nostra vita.
Sia per gli animali da prestazione che i sovrappeso sedentari.
Sarebbe troppo semplice lavorare e impegnarsi sui nostri punti forti: dobbiamo colmare le carenze e i punti deboli.
Sarebbe come allenare un solo muscolo in palestra, quello che ci riesce meglio e più estetico. Per un corpo armonioso l’allenamento deve essere ibrido.
Così come dobbiamo lavorare su tutti gli aspetti di salute, e non concentrarsi solo sullo sport (per scoprire gli altri puoi leggere i 10 pilastri di salute, scarica il protocollo dalla homepage).
Godi dell’esperienza vita a pieno.
Non stressarti, non ammalarti, non rimanere sedentario.
Non marcire su una poltrona.
Non fare violenza psicologica su te stesso.
Rifiuta i sensi di colpa.
Se ti ritieni libero/a davvero, vivi come vorresti.
Un mondo da esplorare ed esperire ci aspetta, così come tante persone e comunità pronte ad accoglierci.
Un augurio di buon weekend dal tuo doc, all’insegna delle imprese sportive.
Dott. Samuele Valentini