Validazione esterna e confronto con gli altri sono alla base delle relazioni interpersonali.
Anche e soprattutto tra gli sportivi.
La mentalità che ci hanno insegnato sin da piccoli è quella di essere e diventare un vincente.
In ogni sport, dal calcio alla pallavolo, dal triathlon al ciclismo e corsa: l’importante è vincere.
Solo alcuni illuminati e allenatori, specie dell’età infantile, solevano dire: “L’importante è divertirsi”.
Il motto della Juventus è sempre stato: “C’è una sola cosa che conta: vincere.”
Sin da giovanissimi la cultura sportiva appresa è propria questa.
Vincitore e perdente.
Vittoria e sconfitta.
Gloria e baratro.
Se negli sport di squadra è un gruppo di persone a perdere, così come un altro gruppo a vincere, negli sport individuali, come quelli di durata, è ancora più amplificato.
Tutti perdono, uno solo vince: chi ha tagliato il traguardo per primo.
E tutti i brand sportivi vogliono associarsi ai vincitori, cercando collaborazioni con brand ambassador di successo.
Enervit, Nike, Canyon, Nutella, Red Bull, etc.
La competizione messa in gioco nello sport in realtà è presente in tutti gli ambiti della vita.
A scuola ci insegnano a diventare i più bravi della classe: avremo dunque secchioni, mediocri e somari.
All’Università i professori ci ammoniscono: non fatevi copiare i compiti, i vostri vicini di banco saranno i competitor del domani.
Il collega di lavoro lo è solo per nome, in realtà è il nostro nemico da battere agli occhi del capo, dimostrando di essere più bravi in un certo o dato compito.
Un po’ come i cortigiani a corte, pronti a tutto per ricevere i favori o le attenzione del re, proprietario terriero, aristocratico o imperatore.
Il problema della competizione è nelle relazioni interpersonali
La maggior parte dei problemi personali e della frustrazione, che cade poi nell’ansia, depressione, burn out nei casi più gravi, deriva proprio dalla mal concezione e interpretazione delle relazioni interpersonali.
Si tratta di pura psicologia e filosofia di vita.
In particolare nell’idea del confronto costante e della mentalità della prevaricazione.
Gli altri non sono veri amici, colleghi, compagni di allenamento, parenti.
Diventano solo competitor nello sport, lavoro, famiglia e altre aree della vita.
Il metro di paragone del nostro successo.
Specie se si condividono età e interessi similari.
Quindi la società è la nuova arena della performance, ove dimostrare quanto valiamo e siamo bravi sul campo di battaglia.
Va aggiunto “rispetto agli altri”, altrimenti non sarebbe un problema, anzi.
E perché allora promuovere l’avvento del super-atleta con newsletter, video e contenuti digitali?
E darsi come missione il miglioramento delle performance sportive?
Tanto conosciamo l’esito: seguo la newsletter del Dott. Valentini per battere il compagno d’allenamento.
Diventare più resistenti, abili, e forti nello sport per vincere, sopraffare gli altri, e diventare campioni sportivi?
In questa ottica nutrizione, integrazione, biohacking e allenamento non sarebbero altro che strumenti, mezzi e tecniche per vincere la competizione sportiva.
Non è questo il fine, tutt’altro anzi.
Strategie nutrizionali e da biohacker, e la missione stessa della creazione di nuovi super-atleti per scoprire a quale potenziale possiamo aspirare e raggiungere.
La bellezza della prestazione sportiva come forma artistica, ove ognuno punta al miglioramento personale.
Sportività, condivisione della fatica, e tutti i valori positivi legati all’attività fisica devono rimanere ben saldi nella mente.
Il super atleta non si prefigge di diventare tale per ossessionarsi con il risultato, la prestazione, e paragonarsi a quanto fatto da altri sportivi o super atleti.
In un certo qual verso si potrebbe ribattere che la competizione tra individui con lo stesso obiettivo porti al miglioramento, e in parte può essere anche vero.
Tuttavia se riduciamo tutto ad una gara, partita, match o confronto, state pur sicuri che presto o tardi si presenterà il conto, a livello fisico, mentale o entrambi.
Non essere mai contenti è il principio del miglioramento è vero, ma deve essere ancora una volta relazionato al sé.
Paragonatevi rispetto alle vostre qualità sportive passate, anche solo di un anno fa, e non a come allenarsi per battere il nostro rivale.
Nel lungo termine quest’ultima attitudine porterà alla frustrazione, dissidi, malattia mentale o esaurimento fisico.
Non siamo fatti dalla natura e genetica per farci la guerra, opporci, competere, bensì per collaborare, prima come tribù, mentre oggi come civiltà tecnologia e scientifica.
Purtroppo la tv, i media, libri, capitalismo e cultura vigente porta le persone a competere tra loro.
In apparenza sembra la strada giusta da seguire, solo perché anche tutti gli altri la intraprendono.
Se avrò la meglio sugli altri sarò un vincente e dimostrerò il mio vero potenziale, si pensa erroneamente.
E’ vero che la vittoria ha un fascino intrinseco, ma dobbiamo dimenticarci della presenza delle altre persone, e vivere la nostra esperienza sportiva e vittoria personale.
Con questo approccio sto vivendo i miei anni sportivi più belli di sempre, dopo che ho abbandonato le competizioni agonistiche nel 2018.
In ogni caso è possibile anche partecipare a gare, maratone, gran-fondo, partite, e mettere un numero sulla schiena (o di fronte).
Conterà la propria filosofia sportiva e approccio alle competizioni, non il risultato della gara a livello numerico.
La domanda non deve essere più quanto sei arrivato come posizione o ti sei piazzato di categoria.
Sono qui piuttosto per mostrare a me stesso il mio valore, e migliorare ogni volta di più nel mio viaggio di salute sportiva.

Quindi gli strumenti del miglioramento di cui abbiamo parlato in una lettera precedente (tecnologia, biohacking, nutrizione, integrazione etc) servono ad una crescita personale a 360°.
Se si migliora saremo più motivati a continuare negli allenamenti, quindi rimanere in salute, e scoprire tutto il potenziale del corpo e mente umana.
Si recupererà meglio: lo sport sarà una pratica facilmente integrabile al 100% nella nostra ruotine quotidiana, non più un peso.
Lo sforzo dell’allenamento e della costanza infatti non riguarda solo chi inizia o vuole dimagrire, ma anche gli stessi atleti che nel tempo faticano a trovare la giusta motivazione.
In questo modo si entra in un infinite game, un gioco infinito della massimizzazione della performance.
E anche se avanzeremo con l’età, la suddetta andrà rapportata ai nostri anni, scopi, caratteristiche e tanto altro.
E’ ovvio che a 60 anni non si può aspirare di avere la stessa prestazione di un ventenne.
Per questo il confronto non serve, e neanche tra coetanei, tanto siamo diversi.
La rivoluzione è dentro di noi: la nuova era della scienza sportiva
Chiarito che non serve la validazione esterna, una classifica, un risultato e un confronto con i colleghi sportivi e non, ora scopriamo perché siamo entrati in una nuova era rivoluzionaria per l’essere umano.
Fino al 900 si è sempre dato spazio all’esplorazione, alla ricerca esteriore, dall’oro ai minerali preziosi, alle conquiste, imperialismo, colonialismo, e missioni di guerra.
Con il tempo abbiamo imparato a tenere a freno gli impulsi della guerra, combattere pandemie e la fame nel mondo.
Negli ultimi anni sono stati condotti grandissimi sforzi nella biologia cellulare e molecolare, con la scoperta del DNA, e poi il suo sequenziamento.
La ricerca è passata nel tempo dal mondo esteriore a quello microscopico della cellula e del suo genoma.
In parallelo abbiamo iniziato a conoscere sempre meglio il funzionamento delle cellule, processi biochimici, e l’eziologia di alcune malattie, nonché la cura e/o prevenzione.
Si è dato sempre più impulso e rilevanza a salute e psicologia.
Si è capito che per stare bene abbiamo bisogno di elementi imprescindibili come l’attività fisica e lo sport, la nutrizione, le relazioni umane e la natura (aria aperta).
La pandemia Covid-19 è stata una controprova di quanto avessimo bisogno di questi elementi, e l’esplosione delle malattie mentali, depressione, sovrappeso e ansia ne sono stata una dimostrazione.
Trincerare le persone dentro casa, senza sole, aria, cibo sano, e natura, bloccando le relazioni sociali ha causato lo scoppio di molte problematiche di salute, che erano però già latenti.
Capire noi stessi, conoscerci più a fondo, iniziare ad auto-monitorare il sonno, la prestazione, nutrizione, imparare a integrare nel modo giusto e adottare tecniche di biohacking non sono altro che manifestazioni del cambiamento di paradigma.
Dal mondo esteriore a quello interiore.
Sentirci bene, in pace con noi stessi e il mondo è il nuovo vero obiettivo, e il programma del super atleta non fa che accorciare i tempi per farlo.
Si tratta di una rivoluzione delle menti prima ancora che del corpo e stato fisico.
La ricerca interiore, intesa come conoscenza più approfondita del sé in questo contesto, deve rimanere tale, per elevare la coscienza, spirito e performance umana, non per ridurla alla stregua di un risultato.
Diventare migliori a livello sportivo grazie alle tecniche sopra citate, ci serve per il progresso dell’umanità, che passa dal singolo individuo.
L’obiettivo è la felicità del super-atleta e non l’ossessione, il paragone, il confronto con le prestazioni altrui.
Purtroppo ancora molti sportivi cadono in questo errore.
Si sentono poco sicuri, insoddisfatti cronici delle loro prestazioni atletiche.
Il programma medico di se stesso unitamente a quello del super-atleta serve proprio a svincolarci dalle dinamiche canoniche sociali dell’invidia, sopraffazione, vittoria e sconfitta.
Nessuno deve vincere o perdere: non siamo qui per giudicare nessuno.
Oggi è possibile veramente diventare gli atleti che nella storia non siamo mai stati, così come nella nostra vita.
La ricerca scientifica si è rivolta allo studio dei meccanismi biochimici e biologici, e della scienza sportiva.
Con l’avvento del biohacking oggi è possibile bio-hackerarsi a fin di bene.
Il termine appare più in senso negativo, sembra che dobbiamo hackerare il sistema per mandarlo in tilt.
E’ un termine ormai in voga e serve solo per capirci.
L’obiettivo è proprio il contrario, non creare virus o danni all’organismo, ma ottimizzarlo e renderlo più forte dal punto di vista immunitario, fisico, mentale e sportivo.
Non potremo mai diventare la versione migliore di noi stessi se disperdiamo energia nel confronto con gli altri, ci ossessioniamo con il risultato, e non curiamo gli aspetti nutrizione, integrazione, sonno e tutto ciò che ruota intorno ad una sana performance, come la gestione dello stress.
La visione dell’atleta rinnovato e ottimizzato: il super atleta
La missione è diventare veri sportivi sotto tutti i punti di vista, con il massimo potenziale da richiedere per il nostro corpo.
La visione è un atleta ottimizzato che conosce sempre meglio se stesso e i parametri del sangue, tecniche di biohacking, gestione della glicemia, dati della performance, e così via.
All’inizio è fortemente consigliato investire un periodo della propria vita nello studio di questi argomenti, seguendo questa newsletter e i contenuti correlati, il canale youtube, o iniziare dei percorsi nutrizionali.
Con il tempo si diventerà master o padroni totali della propria performance, e super atleti a tutti gli effetti.
Il super atleta riesce ad alzarsi presto, lavorare, incastrare gli allenamenti, e al contempo migliorare nel tempo le sue prestazioni atletiche.
Per capirlo sarà in grado di auto tracciarsi o monitorarsi grazie a device per il monitoraggio, e leggere i risultati per capire se si è nella direzione giusta o sbagliata nella via dell’automiglioramento.
Mentre corre o pedala può monitorare la sua glicemia per rifornirsi o meno, senza aspettare i segnali della fame o di ipoglicemia.
Se andrà più a carboidrati o grassi come carburante, abbisognerà di una integrazione specifica e di quali nutrienti.
Saprà condurre nel modo corretto un ciclo di integrazione, e se richiederà più un nutriente rispetto ad un altro potrà usare la bioinfusione (es. glutatione, vitamina C etc).
Se deve compiere imprese personali anche estreme attingerà al bagno freddo per accelerare il recupero dall’allenamento, e al biohacking come la GAET, device di ultima generazione come la TMS che stimola la corteccia motoria, e tante altre tecnologie.
Queste ultime non devono avere effetti collaterali o ammetterne di minimi, perchè l’obiettivo rimane la salute della performance e dell’atleta, non il doping: distruggersi per battere gli altri.
Il doping non è altro che la manifestazione più oscura della società della performance, e del burnuot sportivo.
Questo atleta è pronto a tutto pur di vincere: bisogna cambiare concezione il prima possibile.
E’ possibile però che il super atleta faccia uso di tecniche considerate dopanti per l’agenzia antidoping.
Le tecniche di biohacking scientifico sono rivolte a favorire la performance e il recupero senza intaccare la salute, anzi. Se considerate alla stregua di doping perché in effetti migliorano la performance non significa che non possiamo farne uso se condotte da personale sanitario o si diventa esperti, ma che non dovremmo partecipare a competizioni ufficiali.
Il superatleta infatti vuole ottimizzarsi, e puntare alla versione migliore di sè, non competere.
Se fai parte di coloro che partecipano ad eventi agonistici allora potrai attingere alle tecniche di cui parliamo nel programma superatleta, eccetto quelle che sono considerate doping dalla WADA.
Bisogna riformulare gli obiettivi.
Atleti sì, ma per il benessere individuale.
Siamo grati del periodo storico che stiamo vivendo, la rivoluzione scientifico-tecnologica, e dell’informazione (digitale), e l’avvento di nuovi atleti rinnovati nello spirito.
Se sfruttiamo a nostro vantaggio intelligenza artificiale, conoscenze e tecniche di biohacking, possiamo elevarci veramente a super atleti mai nati prima.
Molti puntano a conoscere il segreto della longevità, con i vari programmi di anti-aging. Gli stessi biohacker, nutrizionisti e medici parlano di come vivere più a lungo.
Per la prima volta vorrei valutare, trattare, studiare e conoscere come impiegare tecniche similari ma per la performance sportiva, e portarla su un livello superiore, mai sperimentato.
Non solo scienza e teoria, ma anche pratica e applicazione.
Saremo il Galileo Galilei dello sport.
Approccio analitico, scientifico e sperimentale.
L’elemento sperimentazione in prima persona è alla base del tentativo di miglioramento sportivo.
Invito ogni lettore, me compreso, a mettere in pratica quel che legge e studia sin da subito.
Se funzionerà per me non è detto che lo farà anche per voi.
Per questo bisogna provare e mettere in pratica i consigli di nutrizione, integrazione, valutazioni, esami, tecniche di biohacking, ancestrali e così via.
Dott. Samuele Valentini