Dobbiamo diventare bravi in un settore specifico.
Nello sport, lavoro, salute e così via.
Specialisti anche nella specializzazione scelta.
Estremamente bravi nel portare a termine un solo compito o obiettivo.
Scegliere una nicchia di mercato a cui rivolgersi o promuovere contenuti.
La community interessata ad un determinato argomento.
Uno sport da fare per più anni possibile, così da diventare bravi ed eccellere rispetto agli altri.
Come gli spartani di un tempo, specialisti nell’arte del combattimento via terra.
Affidarsi ad uno specialista quando ho un problema, un oculista, dermatologo, ematologo e così via.
Dedicarmi ad un solo gesto sportivo, come per esempio la corsa o il sollevamento pesi.
Aderire ad un programma alimentare specifico come la dieta ketogenica, e di conseguenza scegliere un nutrizionista specializzato nell’elaborazione di queste diete.
Nel mondo dell’online e promozione di contenuti assistiamo a persone che si riferiscono a specifici target di audience: i body builder, i biohacker, i ketogenici, i runner, carnivori e così via.
Allo stesso modo all’interno di un’azienda, operare in modo specialistico: eseguire un compito estremamente specifico nella produzione di un prodotto o altro business aziendale, ripetitivo.
L’insegnamento della famiglia, società, così come di tutto il sistema scolastico e lavorativo è orientato per farti diventare uno specialista nella vita e nel lavoro.
La laurea per diventare un bravo dipendente, specializzato nel fare un compito all’interno del microcosmo aziendale al meglio delle proprie possibilità.
Questa lettera in realtà è un inno all’arte del generalismo e una critica dello specialismo.
Sono qui per raccontarti che per ottenere i massimi risultati nella vita, lavoro, sport e salute non devi specializzarti, ma diventare un bravo generalista.
Ancor meglio generalista specialista (anche se è un ossimoro, poi vedremo il perchè).
Come sempre partiamo dalla nostra genetica ed origini.
Per milioni di anni i nostri antenati sono sopravvissuti grazie all’arte del generalismo e non specialismo.
Nessuno era altamente specializzato nell’eseguire taluni compiti, anzi.
Bisognava possedere capacità miste e variegate per poter sopravvivere nella natura selvaggia.
I nostri avi erano abili cacciatori, ma anche pescatori e raccoglitori.
Atleti di resistenza, in grado di percorrere lunghissime distanze per procacciarsi il cibo o trovare un nuovo riparo.
Non solo endurance, ma anche sprinter, nel momento in cui dovevano scappare da un predatore o inseguire loro stessi una preda.
Oltre alle abilità fisiche bisognava essere pensatori, per progettare una costruzione, una caccia o l’avvio di una famiglia.
Le capacità motorie erano poliedriche: si dovevano anche arrampicare, per sfuggire di nuovo a grandi predatori, ma anche raccogliere i frutti per l’alimentazione.
In grado di maneggiare armi, costruire trappole, e anche combattere per difendersi da altre tribù, nuotare per attraversare un fiume o altre fonti d’acqua.
Le donne nutrire la prole e raccogliere: il sesso femminile era dedito alla raccolta di frutti, bacche, radici e all’accudimento della famiglia.
Non solo antenati, ma anche in tempi meno remoti i navigatori, che oggi chiameremmo pirati, erano in grado di sopravvivere grazie alle loro capacità di generalisti.
Potremmo pensare che fossero specialisti della navigazione. In realtà, per diventare tali, dovevano accedere ad una serie di conoscenze variegate e generali.
Conoscevano la tecnica della navigazione, sapevano leggere i venti, le stelle, il cielo, e districarsi in mezzo al mare per trovare nuovi luoghi da raggiungere.
I troiani dell’antica Grecia non erano da meno, bravissimi navigatori, ma si difendevano anche nel combattimento via terra. Questo ha permesso loro di prevalere sugli Spartani, nonostante fossero i più forti in assoluto nell’arte della guerra.
Tuttavia, gli Ateniesi, grazie alla navigazione e all’astuzia, hanno prevalso nella guerra contro gli Spartani.
La trappola della Specializzazione
Se i nostri antenati si fossero specializzati, non sarebbero riusciti a sopravvivere a lungo, visto che la natura mette alla prova e richiede più tipologie di capacità.
Per esempio esistono alcune specie estremamente specializzate nella caccia o accoppiamento, ma che quasi sempre finiscono per estinguersi o avere la peggio.
Come una tipologia di uccelli marini dal becco lunghissimo e appuntito, specializzati nel catturare determinate specie di pesci.
Succede che trovano competitors o antagonisti anche all’interno della loro stessa specie, tanto sono bravi in quel gesto così curato e specialistico.
La competizione porta alla scarsità alimentare, e quando non riescono più a reperire quel tipo di cibo, anche per cambiamenti dell’ambiente, allora il becco diventa un peso insostenibile per provare altri tipi di caccia e alimentazione.
Finiscono per estinguersi, lasciare il posto ad altri competitor, che devono combattere per la sopravvivenza.
L’essere umano al contrario è stato plasmato dall’evoluzione proprio come specie poliedrica, dalle mille capacità, e tutte devono essere sfruttate.
Siamo onnivori e grazie all’alimentazione variegata, all’uso di armi e della tecnologia (es. fuoco) abbiamo preso il sopravvento sulle altre specie e il pianeta.
E’ stata questa la nostra forza e il motivo per cui siamo qui oggi, nella realtà civilizzata e ipertecnologica.
Rinnegare la nostra biologia può portare a vari problemi.
Chi segue una dieta ketogenica (con una forte restrizione di carboidrati alimentari) finisce per avere problemi nel lungo termine.
Calo della produzione ormonale, perdita di capelli, abbassamento del metabolismo, calo della performance etc).
Il glucosio è fondamentale per tutte le funzioni cellulari, e permanere troppo tempo in uno stato di privazione e digiuno è controproducente.
Mangiare tutto, purché alimenti forniti da madre natura e sani, come frutta, carne, pesce, uova, latte crudo, formaggi, verdura etc, e in quantità adeguate è la scelta migliore.
Allo stesso modo nutrizionisti che si specializzano nell’elaborazione di taluni approcci alimentari, come il digiuno intermittente, la keto etc finiscono per lavorare solo con una nicchia di persone, interessate a quel percorso.
Perché non aiutare anche sportivi, obesi, sovrappeso, malati metabolici, persone con DCA, con approcci multidisciplinari anziché seguire per esempio solo sportivi?
Nel campo della medicina oggi vige la legge delle specialità, e all’interno di una stessa branca altre mille specializzazioni.
Il problema nel mondo del lavoro è che l’attività diventa ripetitiva, monotona, omologante, alla stregua delle macchine.
Infatti la possibilità di essere replicati dall’intelligenza artificiale è molto elevata in futuro.
Oppure da altri specialisti più in gamba di noi: nel lavoro specializzato infatti la competizione è più elevata, anche se può non sembrare di primo acchito.
Anche nello sport ci troviamo di fronte allo stesso problema. Genitori che a 5 anni decidono lo sport del figlio.
Il piccolo si convince che dovrà fare tutta la vita quell’attività per diventare magari un giorno professionista.
Se invece andiamo a vedere le storie dei professionisti, soprattutto in quelli individuali, vedremo che molti provengono da tutt’altro sport e discipline.
Primoz Roglic, uno dei ciclisti sloveni più forti nel panorama mondiale, già vincitore di una Vuelta e Giro d’italia, un Olimpiade a cronometro, e tanto altro, proviene dal salto con gli sci.
Ha iniziato a pedalare per la prima volta per recuperare da un infortunio subito in quello sport, e solo più tardi inizierà a gareggiare in questo sport.
Victor Campenaerts arriva invece dal triathlon, e solo più tardi nella sua carriera ha deciso di specializzarsi in uno dei tre sport, il ciclismo in questo caso.
Al di fuori del professionismo, se il nostro obiettivo è star bene, o anche l’agonismo ma a livello amatoriale, non c’è bisogno di scegliere un tipo specifico di sport e farlo tutta la vita.
Conosco tantissime storie di sportivi e atleti che sono arrivati allo sfinimento, fino a non voler più neanche sentire parlare del loro sport e carriera.
Oltre che a livello mentale, ripetere all’infinito un singolo gesto motorio, porta a squilibri a livello posturale, articolare e corporeo, producendo danni non indifferenti.
Diventare un generalista
Da piccolo, pur non sapendo del problema legato alla specializzazione sportiva, praticavo ben cinque sport differenti, al contrario dei miei coetanei che giocavano quasi tutti a calcio.
Mentre giocavo le partite della domenica, in settimana pedalavo già all’età di 5-6 anni, e il sabato facevo le gare di ciclismo giovanile.
In inverno praticavo sci a livello agonistico, dopo un periodo con i maestri dello sci.
Nel frattempo seguivo anche il corso di nuoto, andando circa due volte a settimana in piscina a nuotare.
Già alle medie mi allenavo nella corsa per prepare le campestri scolastiche, e andavo in palestra per fare un po’ di esercizi.
In pratica nuotavo, correvo, pedalavo, giocavo a calcio, sciavo e mi potenziavo con esercizi, ancora molto giovane.
Questo mi ha permesso di continuare nello sport per una vita intera, senza mai annoiarmi o arrivare allo sfinimento.
Oggi ho quasi trent’anni e mi alleno ancora con costanza, dalle 4 alle 7 volte a settimana.
Ai 18 anni ho deciso per il triathlon, proprio perché avevo già sperimentato i tre sport separatamente.
Guardavo video su Yotube dei campioni triathleti.
Dovevo solo unire nuoto, ciclismo e corsa senza interruzione.
Arrivavo ad eseguire 12 allenamenti a settimana e mi divertivo perché avevo ogni giorni stimoli e sessioni diverse.
E dopo tre o quattro anni di triathlon agonistico arrivavo già a vincere le categorie, e ottenevo ottimi piazzamenti assoluti (nei primi 10-20 dei partecipanti).
Durante la settimana mi trovavo a correre con la squadra di atletica, a nuotare con i master, e a pedalare con granfondisti che pedalavano e basta.
E mi sorprendevo del fatto che, nonostante non fossi specializzato in uno dei tre sport, riuscivo ad avere le stesse prestazioni di chi era specializzato in solo uno dei tre, o a volte anche migliori.
In campo lavorativo è stato lo stesso.
Una volta laureato ho deciso di non scegliere una tipologia di paziente, nutrizione specializzata, o un reparto specifico, un master altamente specializzante.
Ho imparato a gestire casi di pazienti metabolici, trattando diabete, obesità, ipertensione e tanto altro con l’alimentazione.
E anche a migliorare la prestazione degli sportivi con dieta e integrazione, anche grazie all’esperienza personale.
Ho trattato casi di disturbi alimentari con successo, anche maggiore rispetto a chi si è specializzato nel trattare solo questa tipologia di problemi.
Quando vengo contattato per una consulenza la prima domanda che spesso mi viene fatta è la seguente: “Lei dottore che dieta specifica utilizza? Quale protocollo? Che filosofia adotta?”
E la mia risposta é: “Tutte e nessuna, dipende dal caso. L’approccio è personalizzato e relativo ad ogni persona, sport ed obiettivo.”
Nel mondo online sentiamo spesso di divulgatori che ci raccomandano di scegliere la nostra nicchia, community o settore specializzato e pubblicare contenuti per loro.
Prima di tutto non esiste un algoritmo che permette ai nostri contenuti pubblicati di raggiungere quel tipo di target. specifico. I follower sono variegati, e ognuno ha più passioni e interessi. Perché dedicarsi solo ad uno?
Bisognerà scontrarsi con altri già specializzati del settore, e sperare che i nostri contenuti raggiungano l’audience giusto (quasi impossibile).
Il generalismo specialista
Nel mio caso ho deciso di parlare dei miei interessi, e soprattutto strategie, tecniche e soluzioni a problemi che ho già sperimentato in prima persona, e che posso garantire risultati in quanto ne ho già avuto esperienza.
Tuttavia non mi limito a contenuti per esempio sulla nutrizione sportiva. Ho anche tanti altri interessi e ho raggiunti ottimi risultati anche in altri campi, per tanto ne condivido lo stesso i risultati e soprattutto come raggiungerli.
Performance cognitiva, sportiva, nutrizione, stile di vita, biohacking, ritorno al primitivo, medico di sé stessi, e vita lenta sono solo alcuni temi trattati dalla newlsetter e pagine social.
Le persone infatti hanno più interessi, non è vero che bisogna parlare all’infinito solo di una ristrettissima sfera della conoscenza umana.
Quindi mi capita di parlare di mindest, lavoro, deep work, concentrazione, famiglia, rapporti umani, rapporto con la natura, salute a 360°, filosofia e tanto altro.
La salute infatti non passa solo dalla nutrizione e dieta sana.
Mi sono classificato come professionista della salute e non specialista della nutrizione.
Per vivere una vita a pieno e al massimo delle proprie potenzialità infatti bisogna diventare generalisti specialisti.
Specialisti nel senso che bisogna dedicarsi, parlare e promuovere stili di vita, contenuti e aree che ci interessano, che abbiamo sperimentato, che sono passate sotto il nostro filtro e lente di ingrandimento, uniche per il nostro modo di pensare e vedere il mondo.
L’aggettivo specialisti si riferisce alla nostra unicità.
Il termine è preceduto da generalisti perché è il modo migliore per vivere, migliorare nella salute e nello sport, e soprattutto essere felici.
Senza ossessionarsi, stancarsi, abbandonare, avere tanti competitors, essere sostituiti dalle macchine e intelligenza artificiale.
Il lavoro creativo e l’arte del generalismo nella vita non è sostituibile.
Metto in discussione tutti i giorni la mia identità, e non voglio definirmi come un semplice nutrizionista e basta.
Sono molto di più: salutista, divulgatore, professionista della salute, scrittore, creativo, atleta, ambientalista etc
Possiedo mille anime e voglio dare spazio ed energia e tutte quante.
Senza ingabbiarmi e reprimermi in un’etichetta data dalla società, gli altri, capi, azienda, genitori e tanto altro.
Diventa un generalista.
Corri, solleva pesi, nuota, pedala, cammina.
Medita, respira, stai in natura e ama.
Sii curioso e ricerca ogni giorno.
Nuove avventure, amicizie, sport e prospettive di vita.
Non accontentarti: abbiamo solo una possibilità.
Scegli quella giusta.
La via della salute e consapevolezza.